piadina romagnola

Una Pasquetta salvata dalla piadina romagnola

#celestiale


A Pasqua, si sa, c’è il sole.
A Pasquetta, si sa, piove.

Lo sapeva perfino la mia amica Amber, anche se è australiana, così, in quell’aprile del lontano 2017 decidemmo che la nostra gita fuori porta verso la riviera romagnola per assaggiare la famigerata ed autentica piadina sarebbe stata di martedì.

Spoiler: furono tuoni e fulmini, ci fu perfino il naufragio di un piccolo peschereccio in quel mare Adriatico che intravedemmo appena.

La mia storia con la piadina romagnola

Mi ero trasferita a Bologna da meno di un anno, ma avevo già capito che dovevo stare attenta a quello che dicevo e come parlavo di ciò che è emiliano e di ciò che è romagnolo. Anzi, se a Bologna la Romagna non la nominiamo proprio, tanto di guadagnato!

In questo campanilismo spintissimo, complice il fatto che sia davvero complesso trovare una piadina degna del suo nome in quel di Bologna, ho dovuto aspettare un’amica australiana, che a sua volta doveva incontrare una vecchia conoscente di Rimini, per assaggiare la vera piadina romagnola.

Fino ad allora, per me la piadina era sempre stato un sostituivo industriale del pane: da bambina i miei genitori compravano quelle dal diametro più contenuto e l’impasto più alto e friabile, da universitaria una busta di schiaffoni informi da rinvenire in padella e farcire con la qualunque non poteva mai mancare in frigo.

piadina romagnola con sardoncini
Ecco la foto della piadina, proprio quella del 2017

La piadina romagnola della Casina del bosco

In quell’aprile del 2017 arrivammo a Rimini con un regionale, ma ci sarebbe servita una gondola. Beccammo una di quelle giornate di tempesta in cui è inutile aprire l’ombrello.

L’amica dell’amica, Federica, arrivò a prenderci su una Panda scassatissima color verde acqua, e ci portò in un posto quasi a ridosso della spiaggia che se ben ricordo era dello stessa identica tonalità. Tutto batteva sul celeste (o forse era un’allucinazione) e fu bellissimo rifugiarsi nel calore e nei profumi della Casina del Bosco, sebbene sia sul mare. Un miraggio.

L’odore di strutto, di pasta e piastre ci accolse con un’ampia scelta di piadine tra le quali scelsi, senza esitazione alcuna, quella con i sardoncini al gratin e tanta rucola fresca, perché da brava sirenetta se sono al mare non posso non mangiare pesce.

Sperai che il pesce fosse spinato per evitare di fare un gran macello e gustarmi la piadina morso dopo morso, senza pause tecniche. Sperai anche che i sardoncini fossero abbastanza ciccioni da non rinsecchire il tutto in assenza di salse, e che fossero saporiti visto che esclusi subito l’opzione cipolla cruda per evitare che coprisse tutto il resto.

Così fu, àncora di salvezza di una gita che sembrava essere già naufragata.

La pasta della piadina era al punto giusto, né troppo molle né friabile come un cracker, a scrocchiare erano le foglie di rucola, lattuga e radicchio, fresche come se fossero state appena raccolte. Anche i sardoncini erano croccanti fuori e morbidi dentro, carnosi, perfettamente salati e senza una spina.

Sarei rimasta lì tutto il giorno, a bere birra e mangiarne chissà quante ancora, mentre fuori continuava a diluviare e non si poteva andare altrove.

Piadina romagnola: diffidate delle imitazioni

La combo fu talmente memorabile che l’estate scorsa rischiai il tutto per tutto: ordinarne una simile in una piadineria da poco aperta nel centro di Bologna.

Ho pianto, e non di gioia. Solo le mie lacrime amare avrebbero potuto inumidire una sbobba insipida di pesce ed insalata che cadeva a pezzi e asfaltava la lingua.

Perciò la diatriba ha il suo perché: quello che è emiliano resti in Emilia, ciò che è romagnolo resti in Romagna e chi vuole una piadina romagnola sa dove andare, ma soprattutto sa che vale il viaggio, anche a costo di farsela a nuoto!

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Eleonora Masi
Eleonora Masi

Social Media Manager, #poliedrica

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