#primordiale
Uno dei miei piatti preferiti è composto da due semplici ingredienti: la maionese classica del supermercato, gialla e corposa, nel suo barattolino di vetro, pronta ad essere affondata dal coltello e il pane di grano duro, magari di Altamura, commissionato al fornaio di fiducia che lo ritirava solo una volta a settimana.
Due cose che non potevano mai mancare in dispensa, il primo cibo che sono riuscito a prepararmi da solo, nonostante fosse complesso affettare la pagnotta spaccando la sua corazza impenetrabile.
Ci bussavo sopra con le nocche per poi passarlo a mio padre, l’unico in grado di realizzare un taglio dritto, perfetto. Non era uno snack ciccione, ma uno stravagante dessert per colmare il languorino di fine pasto: allora perché non usare la Nutella?
Il pane di grano si presta a qualunque crema spalmabile, per la sua crosta nera e croccante, quasi bruciata, quindi amarognola e la mollica morbida e spugnosa, elastica, un po’ gommosa, da far fatica a strappare un morso, areata come un groviera. Meglio la maionese, però, per la sua maggiore acidità data dalla presenza di aceto e limone e per il grasso dovuto all’uovo e all’olio che ben si bilanciano coi due ingredienti precedenti e l’odore pungente del lievito madre.
È così che due elementi banali bastano ad imprimersi nella memoria superando delizie più sofisticate assaggiate in futuro, ma cosa succederebbe se riuscissimo nella sfida del montaggio della maionese e se il pane fosse impastato dalle nostre stesse mani?
(Ne abbiamo avuto un assaggio da Affumico qualche settimana fa…)
Potrebbe diventare una pietanza da annoverare nel menu di una cena tra amici o nei ricordi dei pranzi e delle cene che prepareremo ai figli?