#inebriante
Chiunque abbia trascorso una vacanza in Puglia avrà di certo avuto modo di mangiare la fantomatica “puccia”, ma quanti avranno provato quella con cipolla e olive?
È ben diversa da quella alla “vampa”, “alla fiamma” perché cotta nel forno a legna direttamente a contatto col fuoco, la più comune, da farcire con pomodoro e mozzarella o salumi. Non è quella “alla spasa”, ovvero in teglia, che lì si ripone imbevuta d’olio, quasi da friggere. Non è neppure sinonimo del pizzo leccese, anche se gli somiglia, poiché meno friabile, più morbida.
Anche detta “ujarola”, dal nome delle olive nere e carnose con cui si impasta, insieme agli spicchi di cipolla bianca, tagliata più o meno finemente a seconda del gusto della massaia, e la salsa di pomodoro che idrata e colora la massa, la puccia pugliese di cui parlo è una delle prime cose che ho mangiato a casa dei miei suoceri, in provincia di Taranto, la prima volta che li ho conosciuti.
Al primo morso, senza sapere neanche cosa stessi mangiando, ho percepito che fosse unta al punto giusto, sapida quando addenti l’oliva, ma dolce di pomodoro, ti inebria con l’odore della cipolla che, però, non distingui sotto i denti, non attacca l’alito, non resta sullo stomaco. Soffice all’interno, croccante all’esterno quando appena sfornata, ho pensato che ne avrei mangiate all’infinito, mi sarei saziato solo di questo.
Si tratta di un ricordo molto recente perché l’estate 2020 è appena terminata, resterà così memorabile come sembra?
RICETTA DELLA PUCCIA “UJAROLA”
Come dice senza mezzi termini mio cognato Lorenzo: «è come la ricetta della Coca Cola o quella delle spezie per il pollo di KFC, non puoi saperla, puoi solo mangiarla quando ne hai l’occasione, gustartela e non rompere le scatole!».
Insomma, la ricetta è segreta!
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