#ostinato
Vi avevo già raccontato di quando qualche anno fa mi sono trasferito alle Canarie per inseguire il sogno stereotipato di molti: mollo tutto e mi apro un bar sulla spiaggia? Questa è la storia del Marlena, il primo di una lunga serie di cocktail che ho inventato continuando a mescolare, bilanciare, sbagliare, ricominciare.
“Ho provato. Ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò ancora, fallirò meglio”.
Samuel Beckett
Breve storia di come sono diventato un barman a Tenerife
Arrivato a Tenerife avevo deciso di comprare un bar terribile insieme ai miei compagni di merende, pensando di rivalutarlo e farne un posto che funzionasse. Si rivelò un classico errore di gioventù, eppure a guardare il bicchiere mezzo pieno – per usare una metafora calzante! – senza questo fallimento non mi sarei mai avvicinato all’accademia da barman.
Ci vivevo proprio accanto e a qualche mese dalla vendita dello sciagurato bar, decisi di iscrivermi per cominciare a capire la cockteleria da un punto di vista più completo. Il corso era ben impostato, partiva da nozioni di storia per poi passare alle tecniche moderne arrivando ad insegnare come affrontare un servizio vero e proprio. Ho imparato le basi per poi cominciare a sperimentare cocktail dai sapori particolari, anche se con risultati altalenanti.
Poco dopo, sempre a Tenerife, ho avuto la possibilità di lavorare in un bar-ristorante che mi lasciò creare da zero la lista dei cocktail: un’opportunità da cui vennero fuori un paio di invenzioni interessanti che mi riportai in Italia una volta finita l’esperienza spagnola.
Atterrato in Sicilia, decisi che era il momento di sbizzarrirmi aumentando la gamma dei cocktail “pierottistici”. Fu proprio lì che il mitico Michael, un affezionato cliente 80enne di Kansas city, si affidò a me per la scelta del cocktail con cui allietare la fine delle sue giornate. Con un italiano maccheronico, mi diceva sempre “ok, prepara what you want“.
Si rivelava sempre molto soddisfatto dei miei cocktail anticonvenzionali, ma una sera fu diverso, gli uscì dalla bocca un “WOW THAT’S AMAZING” più forte del solito, seguito da una risata a volume discoteca. Mi guardò con gli occhi spiritati di chi aveva gustato qualcosa che lo aveva colpito davvero.
Cocktail Marlena: da un’isola all’altra
La ricetta WOW di questo cocktail, il Marlena, era nata un paio di anni prima.
Cercavo di ricreare il sapore di fumo intenso per poterlo mitigare con qualcosa che ancora non capivo cosa potesse essere. Mi venne in mente una ricetta in cui si abbinavano whisky e mela, ma il tentativo non diede vita a nulla di eccezionale. Ci riprovai scegliendo un succo alla mela verde che mi avvicinò al traguardo, ma fu solo aggiungendo un po’ di sweet & sour fatto da me (con zucchero e limone frullati in parti uguali) che boom!
Stavo sorseggiando quello che avevo immaginato.
Un cocktail fumoso, fresco e vitaminico con un sapore netto e deciso, però, allo stesso tempo estremamente fine. Un cocktail di gran classe. Un modo anticonvenzionale di avvicinare un palato vergine ad una cannonata come può essere uno scotch whisky torbato.
La mia proporzione è di 30% scotch, 10% sweet & sour, 60% succo alla mela verde, shakerati con violenza inaudita. Bicchiere largo da whisky come nei film, tanto ghiaccio e via.
Quantità bilanciate per raggiungere un piacere spropositato!
Era nato il Marlena, accompagnato da una buona dose di fortuna, come in tutte le vittorie.
Da lì in poi molti altri cocktail avrebbero visto la luce perché ci sono troppi ingredienti meravigliosi per fermarsi ai soliti 10 mix standard. Ed è proprio quello che continuerò a raccontarvi “Al bancone da Pierotto”.