#ruffiano
Diventato un barman con la B maiuscola, mi chiesi: come svoltare i cocktail a base di whisky? Spero abbiate scelto lo sgabello più comodo per voi per scoprire la risposta davanti al “bancone da Pierotto”.
Pier ti presento Mark, Maker’s Mark
Ci eravamo lasciati nel bel mezzo delle sperimentazioni da futuro grande amante dei whisky di cui, ai tempi, conoscevo ancora troppo poco. Dopo un cocktail a base di scotch* come il Marlena, non potevo non continuare ad indagare la mixology passando ai whisky americani.
*Piccola precisazione utile per continuare la lettura: gli scotch, come dice lo stesso nome, vengono prodotti solo ed esclusivamente in Scozia e sono generalmente più “violenti” e torbati, i bourbon e i Tennessee whisky, invece, sono originari degli Stati Uniti.
L’americano Michael – che sembra un personaggio inventato, ma, giuro, non lo è – ha avuto ancora una volta un ruolo fondamentale nella ricerca. Gli chiesi quale fosse, secondo lui, un buon whisky americano che non superasse i 40$ e non ebbe esitazione alcuna nel fare il nome del Maker’s Mark, absolutely! Per uno che ai tempi beveva Jack Daniel’s (che è un Tennessee whisky) e forse aveva assaggiato un sorso di Jim Beam (un altro bourbon), il Maker’s Mark (che in gergo tecnico è un Kentucky Straight Bourbon) mi suonò come un’assoluta novità.
Lo cercai su internet e ricordo di essere stato subito colpito dal design e dall’etichetta che mi fecero pensare ai cowboy, sebbene non fossero raffigurati. Infilati cappello e stivali immaginari, mi arricciai i baffi lunghi sedendomi in un saloon del Kentucky pronto ad aprire il tappo rosso in ceralacca, la vera firma del Maker’s Mark.
Mi aspettavo una folata di affumicatura e salinità tipiche di uno scotch, ma non c’era niente di tutto questo. Il Maker’s Mark è dolce, quasi caramellato, ti conquista con la sua ruffianeria da coccola, eppure resta in bocca, persistente.
USA – Sicilia: Maker’s Mark sposa il chinotto
Il primo sorso di Maker’s Mark fu un cortocircuito difficile da ignorare: i miei ingranaggi si avviarono subito per trovare un compagno da accostargli nel bicchiere e creare il cocktail con whisky più ruffiano che ci sia!
Al secondo assaggio, le papille ormai più attente e più allenate captarono l’aroma di miele, di pesca, di vaniglia, di torta della nonna eppure, sì! Stiamo ancora parlando di un whisky.
Riaprendo gli occhi, tolto il costume da cowboy del Kentucky, mi focalizzai sul luogo in cui stavo facendo questa esperienza gustativa, quello che avevo scelto come la mia casa: la Sicilia. E allora cosa succederebbe se decidessi di stemperare la dolcezza ruffiana del Maker’s Mark con l’amaro del chinotto della Trinacria? Chinotto che, in fondo, amaro non è, ma come l’acqua tonica ti lascia quel retrogusto, e qui siamo ad Aftertaste, i retrogusti sono la nostra specialità. D’altronde, se qualcuno pensò di far sposare Stati Uniti e Cuba in un Cuba Libre, chi sono io per non proporgli una seconda moglie?
Così nasce il ChinoMark: da una formula perfetta sulla carta, ad un esperimento che funziona al primo colpo, proprio come avevo immaginato. Un cocktail atipico, semplicissimo da copiare e, soprattutto, complementare nei suoi sapori.
Come preparare il ChinoMark
Non può essere più semplice di così. Vi serve un bicchierone alto e capiente – il cosiddetto highball se vogliamo fare i sofisticati – che riempirete di ghiaccio fino all’orlo.
Dopo di che, misurate 5cl di Maker’s Mark e 10cl di chinotto.
Qui in Sicilia il must è il chinotto Polara, ma potrete rivolgervi a qualsiasi brand.
Ve lo gustate e mi fate sapere se avevo ragione!