#entusiasmante
Come possono due come noi che hanno fatto il loro primo appuntamento dentro uno speak-easy non visitare quello più famoso di Barcellona, il Paradiso (di nome e di fatto) di Giacomo Giannotti, il terzo nella classifica dei 50 world’s best bars di quest’anno?
E come possiamo, ora che ci siamo stati, non consigliarvelo con tutto il cuore?
Come abbiamo scoperto il Paradiso
Primavera 2020: siamo chiusi in casa e, come si suol dire, perfino Netflix “è finito”. Non c’è più niente da fare, niente da guardare, finché, per puro caso, finiamo su Rai Play ispirati dal titolo di una serie prodotta da HBO Spagna che si chiama Foodie love. Le puntate ci conquistano sin dal primo minuto, non solo per il presunto Tinder del cibo grazie al quale i due protagonisti si incontrano, ma soprattutto perché ci permette di partire, almeno con gli occhi e con il cuore, per Barcellona.
Attraverso le location di ogni episodio, elaboriamo una lunga lista di posti che avremmo poi voluto visitare davvero “quando tutto sarebbe finito”. Tra questi, spiccava Paradiso, lo speak-easy bar che, in realtà, sembra solo un paninaro. Volevamo mangiare quel sandwich di pastrami che lui e lei provano per fame chimica dopo aver bevuto tanto, ma soprattutto volevamo bere quei cocktail incredibili.
Lo scorso aprile, eccoci a Barcellona, un po’ per desiderio un po’ per caso. Non abbiamo ritrovato il cocktail Breakfast in Kentucky servito in un bicchiere a forma di guscio d’uovo, ma una volta varcata la soglia di quella che somiglia ad una cella frigo, ci siamo ritrovati veramente in Paradiso. E ce l’hanno proprio detto, ogni singolo bartender ci ha notati nonostante il marasma di gente contenta per urlarci “Bienvenidos a Paradiso!”
L’esperienza è una galassia di cocktails
Generare dell’hype è il segreto del successo di Paradiso a Barcellona: una fila chilometrica davanti all’ingresso, apparentemente senza motivo se chi passa non sa cosa ci sia dietro la facciata da take away. Una volta ottenuto l’accesso dopo tanta attesa, ogni momento è una sorpresa: il piano bar a forma di balena, l’atmosfera, il menù grosso come un’enciclopedia, ma più simile ad un tablet, con due grandi pagine retroilluminate sullo sfondo di una galassia colma di stelle.
Questa galassia di opzioni è al momento ispirata proprio all’universo e alle origini del mondo, ai 4 elementi e alla natura. Un ritorno primordiale a sapori, odori e colori che abbiamo attraversato con un entusiasmo senza precedenti.
Simone non esce dalla zona di comfort, rievoca davvero il nostro primo appuntamento e prende quanto di più vicino al suo cocktail preferito: l’old fashioned. Il Great Gatsby, in onore del celebre romanzo di Fitzgerald, viene preparato con un whisky Macallan (occhio che lo ritroveremo!) invecchiato 12 anni, accompagnato da un pezzetto di formaggio manchego con miele al tartufo bianco, per poi essere affumicato con tabacco dai sentori di vaniglia e cioccolato. Arriva in una teca simile a quella in cui si conservava la rosa della Bella e la Bestia, e una volta sollevata la campana di vetro, il fumo ti travolge come una nuvola in volo.
Anch’io vado sul sicuro: voglio un cocktail a base di gin, che adoro sempre e comunque. Ordino il Sea Heart, e mi arriva una conchiglia al cui interno sembra essere confluito un pezzo di mare, e il cubetto di ghiaccio è la perla su cui viene adagiata una “foglia d’ostrica” che ricorda davvero il sapore intenso del mollusco. C’è il gin Tanqueray e il manzanilla (un vino liquoroso spagnolo), infuso con semi di oliva, liquore di chinotto, aneto e cardamomo.
Round 2: il secondo giro
Come bambini in un luna park, come fosse l’ultima notte della nostra vita, non ci esimiamo, non badiamo a spese e passiamo ad ordinare un secondo cocktail. Nel frattempo, dal bancone ci spostiamo al tavolo, dove presto avremo conferma di una sorpresa che stiamo per svelarvi.
Manteniamo le basi rispettivamente di whisky e gin, e Simone passa ad ordinare un Origins: un cocktail con Johnnie Walker Gold Label, vermut rosso, umeshu (un liquore giapponese a base di prugne) e bitter. Martina, una delle bartender, gli passa anche tre boccette con tre diversi oli essenziali: uno al tartufo nero, il secondo allo shiso (basilico giapponese), il terzo al lampone. Così capiamo che la mano dorata su cui è poggiato il bicchiere non è solo ornamentale, ma gli permette di miscelare le gocce appena aggiunte. Io proseguo con il Coral, servito, appunto, in un bicchiere a forma di corallo (o di un mezzo tronco d’albero, non saprei!). C’è il gin Roku, la salicornia, il cocco, un liquore al gelsomino, un vino al frutto della passione e una soda al té verde. Che ve lo dico a fare!
Finché non è il momento di passare allo step successivo: c’è un altro tavolo, un’altra sala, un altro cocktail che ci aspetta!
La sorpresa: lo speak-easy dentro lo speak-easy
Ci siamo accorti da subito, sin dalla fila fatta all’ingresso, che la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze che ci stavano servendo, nonché dei barman, fossero italiani. Non ci sorprende, visto che lo stesso proprietario, Giacomo Giannotti, è italiano ed è stato premiato come miglior bartender italiano all’estero nel 2019. Sarà forse per le nostre origini, ma non lo sapremo mai davvero, che siamo stati “selezionati” per accedere allo speak easy dentro lo speak easy.
Ebbene, se vi capita di essere da Paradiso a Barcellona e siete fortunati (o avete letto questo post!) dovete chiedere della sala Macallan. Sì, proprio come il whisky di cui vi parlavamo prima. Dite che vi manda Aftertaste!
Ed è così che già un po’ brilli e sempre più estasiati ci siamo ritrovati a varcare la soglia di una terza toilette, quella che sembrava essere dello staff, per scoprire una seconda sala dedicata a uno degli scotch più famosi del pianeta. Ci siamo solo noi, un paio di altre coppie e un gruppo di spagnoli, con un barman tutto a nostra disposizione: Gianluca Basso, che è di Torino ed è semplicemente straordinario.
La fame c’è, l’ubriachezza pure: è il momento di ordinare il panino col pastrami! Stiamo rivivendo una delle puntate guardate in tv, anzi meglio. Di conseguenza queste due fette di pane fresco sembrano essere farcite della cosa più buona mai mangiata in vita nostra, anche se nella stanza Macallan luci rosse intense hanno sostituito la penombra, confondendo ulteriormente le nostre percezioni.
Gianluca ha seguito i nostri gusti e ci ha preparato due cocktail su misura usando il Macallan. Ci ha trattato come fossimo amici di lunga data o clienti abituali e ci siamo sentiti speciali e coccolati.
Ne siamo usciti (quasi controvoglia!) che avevamo di nuovo 16 anni, in motorino col vento tra i capelli e la gioia spensierata ed eccitata di chi sa di aver fatto un’esperienza unica e irripetibile!