#astronomico
Bisogno di relax e silenzio in compagnia di mia moglie per lasciarmi assordare solo da nuovi sapori: so dove andare, da “Secondo Tempo” a Termini Imerese, il ristorante dello chef Salvo Campagna. Un tempio che si è spostato in più sedi per poi trovare la location perfetta, in una vecchia abitazione completamente affrescata che era la casa della nonna dello chef.
Cornice storica e legame affettivo…sentite già profumo di ricordi? Anch’io.
Primo tempo: la storia dello chef
Salvo Campagna è un personaggio curioso di cui sono stato prima cliente e poi collega, uno chef che ha imparato tutto sul campo. Ha imparato a panificare in un forno, a fare dolci in una pasticceria, a stendere la pasta fresca in una trattoria emiliana, a fare i biscotti guardando sua madre. Salvo è l’uomo dei corsi su qualunque cosa sia commestibile e mai una smorfia sulla lunga gavetta nel ristorante di uno zio per poi approdare nelle mani di grandissimi chef da cui ha assorbito il più possibile, come una spugna.
Tra tutti, due i suoi totem, coloro che gli hanno spalancato le porte del paradiso culinario: Orazio D’Elia che a Sydney ha geneticamente modificato la mente di Salvo facendogli scoprire le tecniche gourmet abbinandole al mondo della cucina asiatica, ed Enrico Bartolini, che ai tempi cucinava nell’Oltrepo pavese nel suo primo ristorante ad una stella Michelin – adesso sia le stelle che i ristoranti sono molti di più!
Secondo tempo: cosa abbiamo mangiato?
Tornando al presente di “Secondo Tempo” a Termini Imerese dopo un tuffo nel passato, ora che siamo qui non vediamo l’ora di mangiare. La responsabile di sala, una capitana della nave preparata e competente, accoglie il mio unico desiderio al momento dell’ordinazione: “può dire allo chef di fare di me ciò che vuole, grazie!“. Una frase un po’ da film, ma se in cucina ci sono mani sapienti, credo non ci sia modo migliore di viversi un’esperienza simile.
Parte un menù degustazione di 6 portate di mare e di terra, che diventano 9 se consideriamo il benvenuto, il pre dessert e la pasticceria. Già sul pane fatto da loro – e sul notevole burro salato – mi dico che partiamo in quinta senza neppure ingranare le marce.
Eppure voglio tenermi qualche segreto e soffermarmi solo su quei piatti che mi hanno lasciato un aftertaste in più, un retrogusto pressochè indelebile ed unico.
Si tratta di due portate che definirei extraterrene, esplosive, memorabili.
Per la prima, anzi, aggiungerei l’aggettivo astronomica, perché è lì che ti porta, alle stelle, il suo “antipasto tirrenico“. Un gomitolo di calamaro e carote con cozze giganti che sguazzano in un brodetto di mare meraviglioso, sovrastate da una cialda di nero di seppia che sembra un groviglio di rami. Il calamaro e le carote tagliati alla julienne avevano la consistenza di uno spaghetto al dente, facendomi dimenticare di tutti i calamari duri e stopposi della mia esistenza.
Come si mangia? Si pesca con la forchetta e si intinge nel brodetto, poi punti anche una cozza e con l’altra mano prendi il biscotto al nero di seppia e ti godi il crunch. Pesce sapido, carota dolce, brodetto acido e cialda croccante: questo piatto raggiunge un equilibrio complesso che mi ricorda quello di una barca in mezzo al mare mosso.
Il mio secondo piatto preferito è un secondo ed è burroso, anche se il burro non è tra gli ingredienti. Guance di maialino nero con salsa al curry (ve la ricordate l’Asia?) e chutney di mela verde. Tutto insieme in un boccone è solo wow quello che posso esclamare. Nella mia bocca si scatena l’apocalisse grazie alla croccantezza della crosta del maialino che protegge un interno morbidissimo. Le due salse che lo accompagnano aiutano la scioglievolezza dissolvendone la consistenza e mettendo insieme sapori distanti eppure complementari.
Il retrogusto, beh, resta in eterno, come la vista delle stelle sulla nostra testa che mi fa pensare che qualcuna potrebbe cadere anche qui, al “Secondo Tempo” di Termini Imerese, con la guida dello chef Salvo Campagna che se le merita tutte!
Meraviglioso… abbiamo sognato